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Le ginnaste del Canada si oppongono alla cultura dell’abuso

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Se lanciato in uno specchio d’acqua, anche il più piccolo sassolino genera increspature che arrivano lontano. È più o meno questo ciò che è successo nel mondo della ginnastica – e più in generale dello sport – canadese. Poco più che una singola voce ha portato alla luce una realtà sconcertante che ha coinvolto tantissime atlete e decine di discipline sportive. Un’apparenza di successi e medaglie che cela abusi, maltrattamenti, soprusi e negligenza. È una storia già sentita, ma non per questo meno importante.

L’INIZIO – Tutto è cominciato nel 2017, quando la polizia canadese ha accusato David Brubaker di aver commesso molteplici reati. L’anno prima, all’apice della sua carriera, Brubaker era stato Direttore Tecnico della nazionale canadese di Artistica alle Olimpiadi di Rio, e per questo il suo caso ha attirato non poche attenzioni in Canada. Due ex-ginnaste, la cui identità è rimasta anonima, lo hanno accusato di aver usato comportamenti ambigui e di natura sessuale negli anni compresi tra il 2000 e il 2007, anni in cui loro erano solo dodicenni. Lui ha sempre negato di aver commesso quei reati e si è difeso asserendo che le due ragazze avessero inventato false accuse dopo aver fallito la convocazione nella squadra Olimpica.

Se in Canada il caso ha provocato scalpore, in campo internazionale il processo di Brubaker è passato inosservato, eclissato da quello ben più grave ed eclatante di Larry Nassar, tenutosi negli stessi mesi. «Sono colpevole di aver oltrepassato il limite», ha scritto Brubaker in una lettera aperta, «ma le mie intenzioni erano guidate solo dall’affetto e sono state fraintese. Ciò che ho fatto non è nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che ha fatto Nassar

LA SENTENZA E IL RICORSO – Un anno di indagini ha portato il tribunale a dichiarare Dave Brubaker innocente, nel febbraio del 2019. La giudice Deborah Austin, in carica al processo, ha, però, sottolineato l’inattendibilità dell’indagine condotta a causa del rapporto di amicizia che lega l’ufficiale della polizia all’ex-DTN. La giudice ha dichiarato: «Non critico [l’ufficiale] per essere un buon amico. Critico la sua decisione di restare comunque l’unico investigatore in carica per questo caso così delicato.»

Dopo la sentenza altre nove ginnaste si sono fatte avanti (Melanie [Rocca] Hunt, April Nicholls, Alheli Picazo, Abby [Pearson] Spadafora, Alysia Topol, e altre sei note come “Atlete A, B, H, I, J e K”), costringendo la Federazione canadese di Ginnastica (GymCan) ad avviare delle indagini indipendenti. Ma solo nel marzo 2021 Gymnastics Canada ha bandito Brubaker a vita dal ruolo di allenatore. Assieme a lui è stata bandita fino al 2024 anche la moglie Elizabeth, che ha testimoniato più volte per difenderlo durante il processo. I coniugi hanno inizialmente fatto ricorso contro questa decisione, ma pochi giorni fa hanno ritirato quel ricorso, rendendo effettiva e permanente la decisione di GymCan.

UN CORO DI VOCI, DALLA GINNASTICA AGLI ALTRI SPORT – La lunga procrastinazione di GymCan nel caso Brubaker ha indotto ginnaste ed ex-ginnaste del panorama canadese a parlare. Da 11, le atlete che hanno denunciato maltrattamenti e abusi sono diventate 70 all’inizio del 2021, sono passate a 150 alla fine di quello stesso anno e adesso, nel 2022, sono più di 300. Rosie Cossar (ex-ginnasta della Ritmica), Brittany Rogers (ex-ginnasta dell’Artistica) e Rosie MacLennan (ex-ginnasta del Trampolino Elastico) sono tra le atlete che più si sono esposte in questi mesi.

Non solo Brubaker, ma un gran numero di allenatori e allenatrici canadesi è stato travolto da questa bufera, che ha portato alla luce pratiche agghiaccianti. Allenamenti così estenuanti da indurre le ginnaste a svenire, percosse, insulti sull’aspetto fisico, considerazioni di natura sessuale e atteggiamenti ambigui. L’onda generata dalla testimonianza delle ginnaste negli ultimi mesi ha travolto anche atlete provenienti da altri sport. Dallo sci al calcio, dal nuoto all’atletica tantissime sportive si sono unite a gran voce alla lettera delle ginnaste indirizzata a Sport Canada. «Abbiamo paura, ma non possiamo più stare in silenzio. Ci facciamo avanti, mettendo in piazza le esperienze degli abusi, dei maltrattamenti e delle discriminazioni con l’unico scopo di ottenere un cambiamento nel mondo dello sport

ACCUSE INSABBIATE – Il particolare più inquietante è che raramente gli abusi denunciati sono stati presi in considerazione, anzi. Spesso le atlete che hanno parlato sono state minacciate, estromesse dalle proprie squadre e allontanate per non creare problemi.

Gretchen Kerr, professoressa universitaria che ha contribuito a stilare il “Codice Universale di Condotta e Prevenzione dei Maltrattamenti nello Sport”, per anni ha prestato servizio come volontaria per “il benessere degli atleti e delle atlete” – una figura che ha il compito di capire quando le accuse di abuso hanno fondamenti reali. La stessa Kerr ha evidenziato, però, che il lavoro svolto da questi volontari ricade comunque nelle mani dell’NSO (Organizzazione Nazionale dello Sport) ed è lì che il meccanismo si inceppa. L’NSO non ha interesse a bloccare allenatori e allenatrici se le loro atlete apportano risultati concreti allo sport, motivo per cui moltissime accuse sono state insabbiate. «Pensateci», ha dichiarato la Kerr. «Il CEO di ogni sport riceve fondi da Sport Canada. E i fondi di Sport Canada su cosa si basano? Sui risultati ottenuti da atlete e atleti e team.»

Andare fino in fondo e perseguire le accuse, dunque, per Sport Canada avrebbe significato perdere investitori e soldi, ragione per cui la scelta di quest’ente è stata voltarsi dall’altra parte, a discapito delle atlete. Si tratta a tutti gli effetti di un conflitto di interesse, che rende quasi impossibile che le denunce degli abusi vengano prese in considerazione.

L’IMPEGNO DELLA MINISTRA DELLO SPORT – Pascal St-Onge, nominata Ministra dello Sport sei mesi fa, ha dichiarato che farà il possibile per istituire un ente non correlato allo sport che riesca a giudicare in maniera disinteressata le accuse di abusi. La sua promessa alle atlete che hanno avuto il coraggio di parlare è quella di mettere in piedi un ente indipendente, capace di garantire un giudizio equo, entro la fine di questa primavera.

L’ambiente tossico che si è creato attorno allo sport in Canada è a tutti gli effetti una violenza di genere, perché si verifica solo e soltanto nel mondo dello sport con atlete al femminile. Nella Ginnastica, poi, la situazione è ancor più delicata vista la giovane età delle atlete, che per la maggior parte degli anni della loro carriera sono ancora minorenni.

Ciò che il mondo dello sport si augura, non solo in Canada, è che si riesca a trovare un equilibrio per cui le accuse infondate vengano archiviate e quelle reali vengano perseguite e punite. Per il futuro dello sport, per il benessere delle atlete e per tutte le vittime che non hanno mai avuto giustizia.

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Mariacarmela Brunetti
Nata e cresciuta nel magico Sannio, la mia seconda casa da anni è Roma, dove sto per conseguire una laurea in Ingegneria. Faccio parte di GINNASTICANDO.it dal 2015 e attualmente sono Vicedirettrice, oltre che Editorialista e Redattrice per la Ginnastica Artistica.
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