Il 15 marzo è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro i Disturbi del Comportamento Alimentare. Quest’anno si è celebrata la XII Giornata di lotta e supporto contro un mostro crudele, che sempre più di frequente si manifesta in giovani ragazze e ragazzi, adulti, adolescente, donne e uomini.
Perché il 15 marzo si celebra la Giornata del Fiocchetto Lilla? Lo spiega molto bene e affronta approfonditamente la tematica sul suo profilo social l’ex farfalla Anna Basta, lei stessa travolta dai DCA nel corso della sua carriera da ginnasta azzurra. Lo fa attraverso numerosi contenuti di carattere informativo e preventivo, una vera e propria rubrica settimanale in collaborazione con la nutrizionista Ilaria de Gioia.
La Giornata del Fiocchetto Lilla esiste in America da più di 30 anni e in Italia è diventata di fondamentale celebrazione grazie a Stefano Tavilla, padre della 17enne Giulia, che ha perso sua figlia per bulimia e ricorre il 15 marzo di ogni anno, giorno della scomparsa di Giulia. È stata istituita per la prima volta nel 2012 dall’Associazione “Mi nutro di vita” con lo scopo di dare speranza a tutti coloro che stanno lottando e con l’intento di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica in merito alla tematica dei Disturbi del Comportamento Alimentare, quali: Anoressia, Bulimia, Binge Eating, Obesità, EDNOS e altre forme di DCA. In occasione di tale Giornata si organizzano in tutta Italia eventi, convegni, manifestazioni e presentazioni a sostegno della lotta.
“Non può, non deve capitare ad altri. La morte di mia figlia deve servire a tutte le persone e le famiglie che vivono un dramma di questo genere. Il dramma di vedere chi ami che piano piano si spegne, non ride più, non mangia o vomita. Non accetta di farsi curare e a te resta la sensazione di non aver fatto abbastanza” Stefano Tavilla
In uno sport come il nostro, la ginnastica in tutte le sue forme, che si propone come altamente estetico, attento al bello, all’elegante, rivolto al parere anche solo parzialmente soggettivo di un corpo di giuria, è molto facile che superi la sottile barriera di influenza che dovrebbe avere sulla psicologia di un/una ginnasta. Essere costantemente posti sotto giudizio, può spesso porre l’attenzione su aspetti che prima non avrebbero attirato la stessa attenzione. Di per se lo sport richiede già molto impegno, rigore, cura di sé e disciplina; la ginnastica, nel suo caso, può essere anche molto pericolosa e la mente deve essere sempre al 100% per portare a termine una routine di allenamento o di gara.
Ciò non è possibile per chi soffre di DCA. Non è possibile perché mancano le forze, manca la capacità di evitare i pensieri intrusivi che di certo non permettono di focalizzarsi solo ed esclusivamente su ciò che si sta facendo. Non solo, i DCA prendono il controllo del tuo corpo, della tua mente e, infine, della tua vita, fino al punto in cui non sei più in grado di fare ciò che facevi prima, prima di ammalarti.
Le cause sono molteplici e i migliori esperti del campo hanno già dato delle risposte o comunque continuano a studiarle nei vari campi di applicazione. Di certo, nello sport in generale ma anche e soprattutto nella ginnastica, è richiesto un grande dispendio di energie e con i giusti professionisti si arriva anche a calcolare il giusto fabbisogno in relazione all’attività da svolgere; come il fisioterapista indica il percorso riabilitativo da seguire, lo psicologo il percorso terapeutico da intraprendere e l’allenatore il percorso tecnico da attuare, lo stesso dovrebbe fare il nutrizionista per quanto riguarda l’alimentazione e i suoi equilibri. Resta però un problema, nel mondo sportivo e non: la disinformazione. Tante, troppe volte, si sentono storie di allenatori che rivestono il ruolo di nutrizionisti, anche pensando di fare del bene, e propongono diete, consigli per il dimagrimento ai loro atleti. Questo può generare l’innescarsi di una serie di meccanismi nocivi e sbagliati nella mente di un atleta, che può nel tempo arrivare ad avere un rapporto tossico e negativo con sé stessə e con il proprio corpo, fino ad ammalarsi e soffrire di DCA. Proprio per questo motivo è fondamentale promuovere e sensibilizzare su questo tema, perché ancora ci sono troppe persone e famiglie che soffrono e troppa poca informazione a riguardo.
Molti sono stati gli annunci da parte di ex atlete della ritmica, alcune di queste facenti parte della squadra nazionale in passato, ma altrettanti annunci sono emersi nel mondo dell’artistica attraverso i social in occasione della Giornata Nazionale per la lotta contro i Disturbi Alimentari. Alcune hanno avuto la forza e il coraggio di raccontarsi, parlando della loro storia e del loro percorso ginnico ostacolato dai DCA, alcune ne hanno esposto le cause, altre semplicemente hanno riportato un ricordo doloroso.
Tra le più influenti, nuovamente, Anna Basta si era esposta già un anno fa, sempre in occasione del 15 marzo, raccontando di quanto fosse diventata insostenibile per lei la situazione che viveva nella sua quotidianità, per via di forti pressioni che la accompagnavano durante gli allenamenti e le gare. Molto spesso queste pressioni scaturivano dalle richieste e dalle esigenze della sua allenatrice, di cui aveva già raccontato la triste esperienza vissuta negli anni in nazionale.
Un altro volto noto che ha condiviso la sua esperienza pubblicamente, stavolta nel mondo dell’artistica, è Carlotta Ferlito. Carlotta, ex ginnasta della squadra nazionale e due volte ginnasta olimpica a Londra 2012 e Rio 2016, ha raccontato, attraverso un post Instagram, del periodo in cui ha più sofferto di DCA, volgendo le sue parole a tutte le persone che ancora non riescono a uscire da questo incubo e cercando di dare loro speranza:
Carlotta ne aveva già parlato anche nel servizio a lei dedicato a Le Iene qualche tempo fa, in cui raccontava del brutto rapporto che era arrivata ad avere nei confronti del peso a causa di una persona con cui ha avuto a che far nella sua carriera ginnica.
Emma Spence, ginnasta canadese che ora gareggia nel Campionato UCLA con il Nebraska, ha parlato di un periodo della sua carriera ginnica fortemente buio e complesso in cui silenziosamente soffriva di DCA. Emma dice di come questo disturbo non fosse un qualcosa di scaturito da dentro, bensì derivasse da vere e proprie pressioni e deviazioni imposte dal sistema in cui si è trovata per diversi anni, arrivando a sacrificare la sua salute fisica e mentale per diventare la versione di sé stessa che gli altri volevano diventasse. Il DCA aveva preso il controllo della sua vita e della sua mente. Emma conclude lanciando un appello a tutti coloro che lavorano come allenatori e hanno a che fare con giovani ginnasti e ginnaste: di stare attenti e ragionevoli a ciò che si dice ai propri ginnasti e ginnaste, specialmente se si fa riferimento all’alimentazione e all’aspetto fisico, poiché quei commenti restano impressi.
Sydney Saturnino, ginnasta che è stata in nazionale qualche anno, ha gareggiato molti anni nella mostra Serie A con la GAL Lissone insieme alle compagne Sofia Arosio e Alexia Angelini e che da poco più di un anno si era trasferita negli Stati Uniti per gareggiare nel Campionato UCLA in Iowa, ha rivelato di aver iniziato a soffrire di disturbi alimentari all’età di 14 anni a causa dei continui insulti e paragoni subiti da parte di chi l’allenava in quegli anni. Sydney ha sofferto di anoressia nervosa e bulimia, arrivando persino a dover lasciare la ginnastica per poter provare a viviere serenamente e guarire. L’anno scorso, ad agosto, ha avuto una ricaduta e ha ricominciato a stare molto male, fino ad essere ricoverata al centro per disturbi alimentari di Denver per circa 3 mesi. Sembra che anche le compagne di vita e ginnastica di Sydney, Sofia e Alexia, vivessero quotidianamente situazioni simili, soffrendo e sopportando un trattamento nocivo per la loro serenità e che, nel caso di Sydney, ha portato a risvolti significativamente gravi.
Tutte queste testimonianze, che sono molte di più delle poche sopra citate, ci fanno capire di quanto questo mondo sia ancora malato e triste: il paradosso dello sport come disciplina che nasce come scuola di vita, eppure si rivela la causa di conseguenze sulla salute degli atleti e delle atlete, molte di queste volte per via di comportamenti inadeguati da parte delle figure di riferimento che dovrebbero fare da guida ai giovani atleti.
È un bene che esistano ricorrenze come il 15 marzo, per insegnare a tutti che ognuno possiede una propria fragilità, che in tutti i casi va rispettata e supportata.
Sensibilizzare è importante, chiedere aiuto altrettanto, ma fornirlo e assicurare un sostegno vero e proprio fanno una grande differenza.