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Via la maschera: la “Whyte Review” fa luce sugli abusi nel mondo della ginnastica inglese

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Il “caso Nassar” ha alzato una cortina che per anni ha separato successi sportivi e medaglie da un retroscena macabro, fatto di abusi sessuali, verbali, fisici ed emotivi. E ancora, violenze e maltrattamenti, commenti inappropriati, considerazioni sul peso delle ginnaste, allenamenti forzati sotto infortunio.

Si tratta di comportamenti reiterati, che non hanno origine in una singola palestra o nazione e nemmeno in un solo sport. Le stesse accuse, infatti, hanno trovato voce tra atlete e atleti di tutto il mondo, dagli States all’Australia, dal Canada all’Olanda.

Lo scorso mese i riflettori sulla cultura dell’abuso nel mondo della Ginnastica si sono riaccesi in Inghilterra, dove al centro delle accuse ci sono tecnici, tecniche e vertici della British Gymnastics.

A esattamente due anni dalle prime accuse, nelle scorse settimane le ginnaste (e in minima parte anche i ginnasti) inglesi hanno potuto aggiungere un importante tassello alla lotta contro gli abusi.

Tutto è iniziato nel luglio 2020, quando Nicole Pavier, Beckie ed Ellie Downie, Amy Tinkler e tantissime altre atlete hanno denunciato pubblicamente quella che è stata definita dalla BBC “la cultura della paura”. Ciò che loro hanno chiesto e ottenuto due anni fa è stata l’apertura di un’indagine indipendente, non interna alla British Gym, e per questo, nell’agosto del 2020, UK Sport e Sport England hanno commissionato ad Anne Whyte, una famosa e rispettata avvocatessa inglese, l’indagine poi denominata “Whyte Rewiew“.

“WHYTE REVIEW” – Le trecento pagine, redatte da Anne Whyte e il suo team, hanno raccolto e analizzato le denunce di ginnasti e ginnaste in un intervallo di tempo che va dall’agosto 2008 a quello 2020. Ebbene, dopo quasi due anni e più di quattrocento testimonianze, il dossier non ha solo confermato gli abusi, li ha anche definiti sistematici.

Più della metà delle vittime racconta di abusi psicologici e verbali da parte di allenatori e allenatrici. Tanti e tante altre rivelano, invece, abusi che hanno avuto ripercussioni sul fisico, come allenamenti forzati sotto infortunio, sessioni di stretching che hanno portato a infortuni di minore entità, obblighi al digiuno sia di cibo che d’acqua. Un quarto delle testimonianze ha denunciato un controllo ossessivo e quasi quotidiano del peso. E una minima parte (circa 30 testimonianze) denuncia di aver subito abusi di natura sessuale.

Tali accuse sono immuni al tempo e al luogo. Dieci anni fa come oggi, dal nord al sud del Regno Unito, di palestra in palestra, le pratiche abusanti perpetrate sulle ginnaste e sui ginnasti sono sempre le stesse. Reiterate, mai venute a galla, impunite.

LE PROPOSTE DELL’INCHIESTA – La Whyte non si è limitata a raccogliere le testimonianze, ma ha anche proposto delle soluzioni che, messe in pratica, potrebbero aiutare a prevenire gli abusi e ad aiutare in modo efficace chi ne è vittima. Ha incitato British Gymnastics a indire dei seminari obbligatori per sensibilizzare allenatori e allenatrici sulla salvaguardia e il benessere dei propri atleti e delle proprie atlete. Ha anche invitato fortemente la Federazione inglese a istituire una sezione atta a raccogliere le denunce con membri esterni a essa (e, quindi, più neutrali).

Tuttavia la “Whyte Review” non è una sentenza di accusa, né costituisce una garanzia di cambiamento. Si tratta di una traccia indelebile e incontrovertibile degli abusi perpetrati in anni e anni, ma non impone delle norme di comportamento né agli enti sportivi governativi e né alla stessa British Gym.

LA RISPOSTA DEGLI ENTI GOVERNATIVI – E proprio gli enti governativi UK Sport e Sport England, all’uscita dell’inchiesta hanno dichiarato: «Ringraziamo le persone che si sono fatte avanti così coraggiosamente. Vogliamo che sappiate che le vostre voci sono state ascoltate. […] Il dovere di avere cura dei propri atleti e delle proprie atlete è responsabilità dell’ente nazionale che li governa. E in questo la British Gymnastics ha decisamente fallito». Ma, a prescindere da queste parole, la decisione presa è quella di non sanzionare né penalizzare la Federazione inglese. «Tuttavia abbiamo intenzione di continuare a stanziare i nostri fondi a British Gymnastics, perché crediamo che tagliarli non aiuterebbe a implementare il cambiamento necessario per invertire rotta. C’è bisogno di istituire un supporto per il benessere delle ginnaste e dei ginnasti e l’interruzione dei fondi non aiuterebbe in questo senso.»

La British Gymnastics dal 2020 a oggi ha provveduto ad allontanare dall’attività molti allenatori e allenatrici al centro delle accuse. Ma un cambiamento reale e tangibile arriverà solo se si agisce per arginare le pratiche abusanti, e Becky Downie ha dichiarato di iniziare pian piano a vedere passi avanti in questo senso. Lei, insieme alla sorella Ellie, è stata tra le prime a denunciare gli abusi nel 2020, e dopo l’uscita della Whyte Review ha dichiarato:

«Non farò una vera e propria dichiarazione finché non potrò dedicare il giusto tempo per leggere e digerire quanto scritto in quelle pagine. Ventiquattro ore dopo posso solo dire di sentirmi sollevata: le nostre voci sono finalmente state ascoltate. Sembra che la vendetta per me, e quanti hanno conosciuto i seri problemi nella cultura del nostro sport, sia arrivata. Finalmente tutti sanno la verità e, anche se quanti l’hanno sperimentata non hanno avuto un diretto beneficio, è incoraggiante sapere che se i controlli aumentano, la prossima generazione di ginnaste sarà protetta, migliore». Downie ha anche aggiunto: «Ho già notato un drastico cambiamento nell’approccio delle ginnaste di massimo livello di questa nazione. C’è molta più unione e un desiderio genuino da parte di allenatori e allenatrici di gestire le atlete e gli atleti più promettenti. Se l’atleta e l’allenatore (o l’allenatrice) hanno entrambi la possibilità di parlare, potranno esserci solo benefici.»

La “Whyte Review”, dunque, è un piccolo passo avanti che, di fatto, non sancisce una rivoluzione nell’universo ginnico inglese. Costituisce, invece, un utile precedente per tutte quelle atlete e quegli atleti che hanno sete di giustizia. Lo scorso giugno Eloise Jotischky è stata la prima ginnasta a vincere una causa civile contro la British Gymnastics.

Come lei, altri potranno cercare conforto nel vedere accusato chi si è reso colpevole di queste pratiche agghiaccianti, ma la speranza per il futuro è quella che nessuno debba più subirle.

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Mariacarmela Brunetti
Nata e cresciuta nel magico Sannio, la mia seconda casa da anni è Roma, dove sto per conseguire una laurea in Ingegneria. Faccio parte di GINNASTICANDO.it dal 2015 e attualmente sono Vicedirettrice, oltre che Editorialista e Redattrice per la Ginnastica Artistica.
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