“Sono più orgogliosa dell’esempio che ho dato al mondo della ginnastica a Tokyo rispetto a tutte le medaglie che ho vinto.“
La Biles ha parlato in maniera esclusiva a MARCA, un quotidiano sportivo spagnolo, di ciò che è accaduto alle Olimpiadi di Tokyo lo scorso anno e del periodo che è seguito (ne abbiamo parlato anche noi qui).
Simone Biles è stata una delle più recenti sportive vincitrici del MARCA Leyenda award, un premio che onora le più iconiche leggende del mondo dello sport.
Una volta rientrata in palestra a Spring, città del Texas, ha mostrato il premio appena ricevuto alle ginnaste più giovani e promettenti e ha concesso un’intervista a MARCA, in cui ha descritto quanto vissuto a Tokyo 2020 e quelli che sono i suoi progetti futuri, come pianificherà la sua vita nei prossimi anni e molto altro.

Come ti senti ora dopo ciò che è successo a Tokyo? Come è stato non aver gareggiato, mentre il resto del mondo si aspettava che tu lo facessi comunque?
Devo dire di sentirmi molto meglio, sicuramente mi sono tolta un bel peso che sentivo di avere sulle spalle. Ad ogni modo, credo che ciò che è successo sia strettamente correlato ad una serie di fattori, uno in particolare, che alla fine hanno infierito. Sto ricevendo tutto l’aiuto di cui ho bisogno, ma sento che tornare qui a casa mia, negli Stati Uniti, circondata dalla mia famiglia e dai miei amici sia stata la cosa migliore per superare questo momento.
Quanto è stato difficile per te prendere quella decisione a Tokyo?
Ammetto che è stata molto dura. È una situazione a cui non avevo mai avuto modo di pensare e che non mi sarei mai aspettata di vivere neanche lontanamente, quindi è stato davvero strano ed inaspettato per me ritrovarmici. La vicinanza ed il supporto delle ragazze e della mia allenatrice hanno significato davvero tanto per me in quel momento difficile, sono state fondamentali. Non lo augurerei a nessuno, ma credo che ogni cosa succeda per una ragione e da quell’episodio ho imparato molto.
Come sono stati i pochi secondi prima di dover annunciare il tuo ritiro dalla gara e dover dire “Ho bisogno di fermarmi”?
È stata come una tempesta di emozioni, del tipo “o mio Dio, che sta succedendo ora, che sono cinque anni che mi preparo per questo?”. Mi sono sentita davvero triste in realtà, ma ho dovuto pensare in primis a quello che sarebbe stato il bene della squadra che alla fine si è rivelato la scelta migliore, ed inoltre a quello che avrebbe comportato la mia scelta sulla mia salute psico-fisica.
Le tue compagne di squadra ti hanno subito stretta in un abbraccio quando hai comunicato la tua decisione. Ti ha dato conforto la loro reazione in quel momento?
Mi ha dato un conforto enorme, perché tengo tantissimo a quelle ragazze, insieme abbiamo passati tantissimi momenti nel nostro percorso. Allo stesso tempo è stato un tuffo al cuore dovermi allontanare da loro in un certo senso e non poter gareggiare al loro fianco. Ad ogni modo, ho fatto di tutto per far sentire loro la mia presenza ed il mio supporto e alla fine sapevano di poter contare su di me, anche se non ero fisicamente così vicina alla squadra.
Hai ancora timore nel fare ginnastica?
Sì, ci sono alcuni elementi in cui avvito troppo o devo girare troppo dei quali ho ancora molta paura di eseguire principalmente per quello che è successo in gara. Per fortuna i miei allenatori sono davvero grandiosi, ogni volta che vado in palestra se mi va di provare qualcosa sono sempre disponili e pazienti. Si assicurano sempre che io segua i dovuti step in ogni esercizio e devo dire che questo mi rassicura molto.

Di cosa ti senti più orgogliosa, delle medaglie che hai vinto o della lezione che hai insegnato al resto del mondo a Tokyo?
Sicuramente della lezione che ho dimostrato a Tokyo perché nessuno si sarebbe aspettato ciò che è successo e perché le conseguenze, e quindi la mia decisione, che sono seguite a quel fatto hanno fatto molto riflettere ed hanno posto la giusta attenzione che meritano sui problemi e le difficoltà psicologici negli sportivi e sull’importanza di preservare la salute mentale degli atleti.
Sei diventata una delle icone e delle figure più rappresentative dell’anno nel mondo dello sport senza necessariamente aver gareggiato. Sei fiera del seguito che hai avuto e del “fenomeno” che hai creato dopo quell’episodio?
Quella è stata la parte più incredibile e ardua da gestire, il vociare ed il ronzio intorno al mio nome nonostante non stessi gareggiando. Quindi, sono molto felice che le persone abbiano iniziato a prendere la questione con estrema serietà. Chiaramente, mi sarebbe piaciuto poter fare anche di più per sostenere questi valori e trattare questi temi più a fondo davanti al mondo. Ciononostante, con la mia voce in un contesto così ampio, non posso dire di non aver già raggiunto un ottimo risultato.
Hai detto che la gente non può capire a cosa sei andata incontro in questi anni. Ti va di spiegare meglio così possono provare a capire?
Tutti guardano la ginnastica e la bellezza di questo sport dall’esterno e vedono solo le gare e quelli che sono i risultati alle gare, ma ciò che non comprendono è il fatto che, ad esempio, ho combattuto l’ansia, la depressione e problemi mentali per anni, sono stata coinvolta nel caso Larry Nassar e gli abusi sessuali che ha compiuto e sto ancora lottando per superare ognuno di questi traumi. Presentandosi in gara con una faccia coraggiosa e senza paura, andare là e gareggiare, la gente si aspetta forse un po’ troppo, non conoscendo quello che ognuno di noi ha affrontato nella propria carriera. Dopodiché, ci si mette anche il peso di gareggiare per la USA Gymnastics e quindi fare i risultati che ha sempre fatto ed essere un esempio per le giovani promesse della ginnastica. È la cosa più assurda. Riguardando indietro sui miei passi e vedendo quello che poi alla fine mi è successo, penso che forse mi sarei dovuta fermare molto prima di quanto ho fatto, realizzo quanto sono arrivata lontano nonostante tutto quello che ho passato.
Sei una delle poche star ad aver trattato l’argomento della salute mentale, ma non l’unica. Perché pensi che sia diventato un argomento così importante di cui parlare mentre invece prima era così difficile parlarne?
Penso che abbia richiesto così tanto tempo e sforzo perché per chi ci vede da fuori è puro divertimento e la gente si sente come autorizzata a sentenziare sul nostro lavoro e ci vuole vedere semplicemente lì a competere con un bel sorriso stampato in faccia, mentre ora ci sono delle figure sportive che alzano la voce e hanno coraggio di dire “Non mi sento di gareggiare, non sono nella condizione di farlo”, e questo ha permesso un’apertura mentale che fortunatamente è in continua evoluzione.
A Tokyo era nei tuoi piani presentare lo Yurchenko doppio carpio che avevi già fatto ai trials, visto che sei l’unica donna ad averlo mai fatto?
Sì, volevamo davvero andare lì a Tokyo e portarlo in gara con tutte le intenzioni; però, abbiamo dovuto considerare il rischio e se ne valesse la pena a livello di risultato. Speravamo di portarlo lì, ma alla fine è andata come tutti sanno, quindi va bene così.

Come ti ha aiutato il “Gold Over America” a riprenderti mentalmente dal periodo posto Olimpiade?
Credo che mi abbia portato un grande entusiasmo e tanta felicità così da poter mettere un punto a quel pensiero. Penso anche che la nostra partecipazione a questo tipo di eventi sia stata molto importante per tutto il mondo della ginnastica, perché sicuramente abbiamo passato un momento felice e di grande divertimento e penso che anche questo sia importante che il pubblico lo veda.
Hai già qualche progetto per il futuro?
Per quanto riguarda la mia carriera, sicuramente ora mi prendo una pausa. Quindi vedremo. Non sono sicura che continuerò con lo sport. Al momento sento che la cosa migliore per me sia passare un po’ di tempo con la mia famiglia e i miei amici, vivere “normalmente” per una volta.