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Intervista a Marco Lodadio – occhi su Parigi e sul futuro

Marco Lodadio si racconta, dal periodo pre-Olimpiadi al post-infortunio, sguardo puntato al futuro

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Marco Lodadio ha parlato ai microfoni di Ginnasticando.it delle maggiori emozioni della propria carriera sportiva, dagli inizi fino all’Olimpiade di Tokyo 2020, all’infortunio che si è trovato a dover superare, in un ottica sia ginnica che non. Infatti, abbiamo avuto modo di scambiare due parole con il pluri-medagliato ai Campionati del Mondo nella specialità degli anelli, sia per quanto riguarda la sua storia ginnica e i suoi prossimi obiettivi, sia per quanto concerne il suo futuro e le opportunità che la vita al di fuori della palestra gli prospetta.

LA STORIA – Marco Lodadio nasce e cresce a Frascati, piccola località in provincia di Roma nell’area dei Castelli Romani, nel 1992. La sua passione per la ginnastica nasce in primo luogo per gioco, in quanto i genitori di Marco hanno sempre avuto una piccola palestra di ginnastica per corsi base, nella quale lui nasce e inizia a muovere i primi passi. All’età di 8 anni, Marco pratica numerosi sport, ma tra tutti preferirà la ginnastica, iniziando il corso vero e proprio di ginnastica proprio nella palestra di famiglia, e partecipa alla sua prima gara, questa a livello ancora amatoriale. In questa occasione diviene evidente il suo talento, nonostante la giovanissima età.A 10 anni partecipa al suo primo collegiale estivo e non può passare inosservato agli occhi di Gigi Rocchini (suo allenatore attuale), il quale propone a Marco e ai suoi genitori di partecipare al progetto di Accademia dell’Aqua Acetosa, che prevedeva la doppia seduta di allenamento e la scuola la sera.

LA MAGLIA AZZURRA – All’età di 17 anni gareggia per la prima volta con la Nazionale Junior ai Campionati Europei di Birmingham 2010, dove conquista una storica medaglia di bronzo al volteggio. A 21 anni entra a far parte della Nazionale Senior, gareggiando per l’Italia nel triangolare Italia, Norvegia e un club universitario statunitense. Da qual momento in poi rimane nel giro della Nazionale fino a diventare il Marco Lodadio che conosciamo oggi.

Foto: International Gymnastics Federation

Vince numerosi titoli di specialità ai vari Campionati Assoluti al volteggio, corpo libero e agli anelli, nei quali si afferma il più forte anellista degli ultimi tempi. Partecipa e va a podio anche in numerose tappe di Coppa del Mondo, nelle quali ha modo di testare i suoi esercizi, mettersi alla prova e di certo dimostrare la sua continua crescita dal punto di vista ginnico.

La lunga serie di successi e le continue conferme che Marco riesce a dare sia a se stesso che a chi lo guarda, permettono alla sua carriera di ambire a qualcosa di più, gli permettono una maggiore stabilità e di diventare quanto di più simile ad un atleta professionista.

Quando sei entrato a far parte dell’Aeronautica Militare? Quanto è importante per te rappresentare un corpo di questo tipo e far parte del gruppo sportivo?

“Sono entrato nell’Aeronautica Militare nel 2018, ai miei 26 anni, dopo aver realizzato uno dei miei più grandi sogni a Doha 2018, dove ho vinto il mio primo bronzo mondiale agli anelli. Sono molto orgoglioso di essere membro del gruppo sportivo Aeronautica, finalmente dopo tanta attesa, speranza e ambizione e, soprattutto, dopo i numerosi risultati internazionali, posso vantare questo privilegio, che è per me fonte di orgoglio in prima linea, ed anche, naturalmente, di retribuzione per l’impegno e lo sforzo che ogni giorno porto avanti da tantissimi anni. Mi dà sicuramente una spinta in più nell’inseguire i miei sogni e mi dà anche tanta serenità dal punto di vista professionistico.”

Com’è stato qualificarsi per le Olimpiadi di Tokyo? Come ricordi quell’esperienza?

“Penso sia stato uno dei migliori momenti della mia carriera, visto che questa qualificazione è avvenuta al Mondiale Qualificante di Stoccarda 2019. In quell’occasione abbiamo gareggiato anche con la squadra con l’obiettivo primo di qualificarci per le Olimpiadi dell’anno successivo, ma non siamo riusciti nel nostro intento di pochissimo…è stato un momento davvero difficile per tutti noi, vedere gli sforzi di anni finire in fumo davanti ad un sogno non realizzato. Nei giorni seguenti, però, ho capito che dovevo concentrarmi sulla mia finale agli anelli e ho capito anche che c’era ancora una possibilità e non potevo certo lasciarmela sfuggire. Dovevo farlo per me, per la squadra, per tutti noi, per la delusione immensa appena vissuta. E così è stato. Lo ricordo come uno dei momenti più felici e di pura adrenalina della mia carriera. Ricorderò per sempre i miei compagni che mi abbracciano in lacrime appena uscito il mio punteggio. Ho così conquistato il bronzo Mondiale. Sarei andato a Tokyo 2020.”

Foto: Simone Ferraro/FGI

Dopo questa immensa soddisfazione nel 2019 e i festeggiamenti una volta rientrato in patria, inizia il periodo della Pandemia e per chiunque, soprattutto per gli atleti, è stato un periodo molto difficile, visto il posticipo di un anno delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Qualunque atleta sa che rimandare di un anno la partecipazione ad un evento tanto importante può avere qualche vantaggio sì, ma può mettere a repentaglio la forma fisica e, di certo, la stabilità e la concentrazione di un atleta.

Per lo stesso Marco è stato un periodo difficile, pensare di dover aggiungere così tanti mesi in più di lavoro ad una programmazione calcolata su misura e al centesimo del carico di lavoro, iniziata 4 anni prima. In questo tempo Marco ha dovuto affrontare un periodo difficilissimo, a causa dell’infortunio e della successiva operazione chirurgica alla spalla, nel quale sarebbe bastato un attimo a fargli perdere di vista l’obiettivo. Sono stati mesi lunghi, dolorosi e faticosi, nei quali il ginnasta combatteva con un’articolazione che non dava troppi segni positivi o, comunque, non continui, non in progressione.

Nonostante le numerosissime avversità, Marco è riuscito a dimostrare la differenza tra un atleta ed un Campione. Si è rimboccato le maniche ed ha lottato con tutto se stesso e, a volte, anche contro se stesso, ricordandosi il motivo per cui era lì e cercando ogni giorno la motivazione per guardare avanti, senza voltarsi indietro, dovendo spesso fare i conti con la solitudine e i pensieri negativi.

Quanto ha influenzato quella mancata conquista della finale nel periodo che è venuto dopo l’olimpiade? Ti è stato utile per riflettere e darti una spinta in più?

“Dopo Tokyo, mi sono sentito finito come persona più che come atleta, mi sono giocato l’impossibile per raggiungere quella finale e non ce l’ho fatta. Fin dal primo momento in cui mi sono svegliato dall’operazione, in quei mesi prima di Tokyo, avevo visualizzato e immaginato quel momento, di prepararmi al meglio per entrare in finale e giocarmela. Ammetto che è stato un bel trauma. I giorni successivi, una volta rientrato in Italia, sono stati colmi di riflessione; ho dovuto reagire in qualche modo anche quando pensavo di non poterlo fare in nessun modo. Ho preso quella gara come un punto di ripartenza, non come un punto di arrivo. Per me non doveva assolutamente finire così, e infatti non lo è stato. Ho fatto di tutto per prepararmi e partecipare al Mondiale successivo di Kitakyushu, sempre in Giappone, mi serviva farlo a distanza di due mesi dalle Olimpiadi. In quell’occasione sono riuscito a riscattarmi in qualche modo portandomi a casa l’argento agli anelli.”

Che rapporto hai con Gigi Rocchini, il tuo allenatore?

“Abbiamo un rapporto quasi padre-figlio, mi ha visto crescere, mi ha aiutato ed è stato il primo a credere in me fin da bambino. Come genitore non sempre riesce a darti tutto quello che serve per spiegare le ali. È una cosa che devi raggiungere te come atleta: crescere, maturare e diventare una persona che sa camminare con le proprie gambe. Devo quasi tutto a lui, ma soprattutto gli devo quell’appoggio che non mi ha mai fatto mancare nei momenti di difficoltà. Ci sono stati dei momenti, nella preparazione per Tokyo, in cui mi sono sentito solo, ma capisco anche il punto di vista e le difficoltà di un allenatore stesso che prova certe emozioni e incontra certi tipi di ostacoli per la prima volta, come succede all’atleta, come nel mio caso. Gigi c’è sempre stato per me.”

Foto: Simone Ferraro/FGI

Come ti senti in vista dei tuoi prossimi obiettivi?

“Li valuto per gradi. Vorrei partecipare a Parigi 2024, ma sono più attento a valutare e osservare il percorso che posso realizzare, in maniera più oggettiva e critica. Visti gli anni che avanzano e considerando sempre ciò che ancora posso spremere dal mio fisico, mi sento fiero della mole di soddisfazioni e obiettivi che posso vantare di aver già realizzato a pieno nella mia vita e carriera. La speranza è di partecipare a Europei e Mondali di quest’anno, ma non escludo di non parteciparvi per dare priorità ad un percorso che sto cercando di portare avanti in funzione di ciò che mi serve per arrivare a Parigi 2024 in forma. Voglio, quindi, dare priorità a ciò che mi servirà per l’obiettivo vero e proprio fra due anni. Voglio mantenere un repertorio competitivo anche su altri attrezzi (volteggio, corpo libero e parallele) per essere utile alla squadra, e poi, naturalmente, incrementare individualmente agli anelli.”

Stai cominciando a pensare alla tua vita in un futuro?

“Ho vinto una Borsa di Studio che consiste nel poter frequentare un Corso di alta specializzazione in Diritto e Management dello Sport. Vedermi parte attiva di un percorso che spero di riuscire ed affiancare parallelamente agli allenamenti mi rende fiero e mi fa sperare che questo mi dia un’apertura in più su altri ambiti in vista del mio futuro, nella carriera post ginnastica. Mettersi in gioco anche in ambiti diversi dal proprio è per me molto importante, poichè prima o poi dovrò prendere una strada un po’ differente nella mia vita. Non so quando sarà, ma ci sarà un futuro dopo lo sport. Vediamo quante frecce ho a cosa con me per la mia carriera, sono sicuramente meno rispetto agli anni passati, ma voglio e so di potermele giocare al meglio.”

Ti alleni all’Accademia di Civitavecchia, dove sei sicuramente circondato da giovani talenti. Cosa ti senti di dire ai giovani atleti che vedono te come punto di riferimento?

“Mi alleno all’Accademia di Civitavecchia da anni ormai e vedo muoversi numerose ginnasti che vengono da fuori come me, come Andrea Russo, e Lorenzo Galli, e i più giovani che si affacciano ad un percorso di altissimo livello. Il talento ha sicuramente un ruolo fondamentale nella carriera, ma non basta per rendere un atleta un campione. Perseveranza e costanza fanno la differenza. Non è certo facile il percorso di alto livello, capitano intoppi, infortuni e difficoltà, ma è importante che in quei casi scatti qualcosa in più nel ginnasta. A tutti i giovani dico di non arrendersi quando arrivano i momenti difficili, di spingere il più possibile quando siete in palestra e mettere anima e corpo per un obiettivo: è fondamentale fissare degli obiettivi per avere un input positivo in palestra e un atteggiamento che può garantire un miglioramento della condizione fisica.”

Non possiamo che augurare a Marco Lodadio un buon lavoro, con la giusta serenità e gioia che merita, augurandogli di raggiungere tutti i suoi obiettivi, con il miglior slogan con cui ci si possa rivolgere a lui: You must be the champion.

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Martina Paganelli
Nata e cresciuta a Bologna, attualmente vivo, mi alleno e lavoro nell'ambito della ginnastica a Civitavecchia. Ho 23 anni e sono entrata in contatto con questo meraviglioso sport all'età di 7, senza mai smettere di amarlo. Sono anche laureata in Mediazione linguistica, amo scrivere e, since 2012, grande fan di @Ginnasticandoit, quindi eccomi qua!
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