MILANO – Il comitato Regionale Lombardia della FGI, in collaborazione con la DTN prof.essa Nadia Brivio e il prof. Roberto Mauri, sta sperimentando il progetto Senti chi parla, con l’obiettivo di ridefinire la comunicazione a livello 3.0 tra atleta e allenatore.
Il progetto nasce dall’esigenza “di riaprire le porte agli altri attraverso la comunicazione” così come la stessa Nadia Brivio ci ha dichiarato.
Le situazioni che l’allenatore saprà codificare sono le condizioni funzionali per sviluppare una comunicazione coerente. Gli stimoli multisensoriali ed i rinforzi appropriati, in termini di verbalità e linguaggio corporeo codificando la necessità di porsi verso l’atleta in un contesto globale di approccio e di azione.
I contenuti dell’allenamento contengono segnali a cui si deve attribuire un significato globale, tanto nel linguaggio scelto, tanto nelle risposte non verbali, quando una gestualità magari nervosa o aggressiva possa confondere l’atleta nelle reali intenzioni dell’allenatore.
Da qui la necessità di creare una formazione che, logicamente, possa indicare le attività e le modalità attuative più adatte a soddisfare questa afasia comunicativa. L’ansia del risultato e la sovrastima dell’Io comunicativo a favore del messaggio dell’Io, necessitano di guidare l’allenatore ad essere un buon comunicatore.
Questo progetto ha visto la sua nascita grazie all’incontro tra la prof.ssa e DTR Gaf Nadia Brivio, ed lo psicologo Roberto Mauri.
Il programma si articola in un ciclo di lezioni online che, nei primi due incontri, hanno riscontrato un uditorio di 300 persone. Gli incontri – dopo quelli già svolti il 17 e il 31 marzo – proseguiranno il 26 aprile, e il 3 e 17 maggio.
Abbiamo chiesto alla DTR Nadia Brivio e al prof. Roberto Mauri di parlarci di questo progetto, rappresentando essi il mondo della ginnastica e quello della comunicazione.
NADIA BRIVIO
Laureata con 110 e lode all’Università Cattolica di Milano, e docente all’Università Cattolica di Milano alla facoltà di Scienze della Formazione, Nadia Brivio è la direttrice tecnica della sezione GAF della Lombardia dal 2013.

- Come è nata l’idea di questo progetto, di cui a ben merito ne è la fautrice?
Il progetto è nato dopo un primo incontro con il prof. Mauri in occasione di un aggiornamento patrocinato dalla Sezione Femminile della FGI. Mi ha sempre affascinato il mondo della comunicazione e l’utilizzo della parola come uno strumento fondamentale per l’uomo; ho ritenuto che dopo un periodo di chiusura forzata fosse arrivato il momento di riaprire le porte agli altri attraverso la comunicazione.
- Ritiene che, nonostante stiamo vivendo nell’era della comunicazione, vi sia un’incapacità reale ad avere una vera comunicazione?
Il problema che purtroppo sta vivendo la generazione attuale non è tanto sulla comunicazione, quanto sull’ascoltare l’altro veramente; siamo sempre presi da mille pensieri da non fermarci a sentire ed elaborare tutte le forme comunicative; siamo distratti! Sembra un paradosso ma credo che pur avendo la possibilità di comunicare in tempo reale a tutti siamo chiusi ognuno nel proprio mondo.
ROBERTO MAURI
Il prof. Mauri è psicologo e formatore, docente presso il Master in Marketing e Comunicazione dello Sport dell’Università IULM di Milano. Esperto in comunicazione efficace, public speaking, gestione della leadership e dinamica di gruppo. Ha coordinato a livello nazionale la formazione di dirigenti e istruttori di un importante Ente di Promozione sportiva. Autore di diverse pubblicazioni su temi di psicologia dello sport, tra cui ‘Genitori a bordocampo. Passione sportiva, istruzioni per l’uso’.

Il progetto “Senti chi parla” nasce da una necessità comunicativa tra insegnante e allievo\atleta, come si è creato secondo lei questo bisogno comunicativo e quali istanze attualmente vede di maggior criticità in questa relazione?
L’atteggiamento positivo e l’impegno dei ragazzi verso la disciplina sportiva sono in gran parte legati alla percezione che i ragazzi hanno del comportamento dell’allenatore ed ancor più al suo stile comunicativo.
Questo richiede all’insegnante/istruttore di meglio entrare nella visione ed aspettative dei suoi atleti e di migliorare il modo di comunicare con loro.
Per questo l’insegnante deve sottrarsi alla cosiddetta ‘maledizione della conoscenza’, ovvero la tendenza (spesso sottovaluta) dell’adulto a sovrastimare la conoscenza dell’allievo sulla base della propria, compiendo quindi errori di approccio comunicativo.
Come quando si ‘tamburella’ con le dita una canzone che si ha in mente, anche l’istruttore ha ben chiara la “melodia” che sta seguendo. Chi ascolta, però, non conosce ciò che vuole trasmettere. La ‘maledizione’ di chi comunica – da superare – è proprio quella di non rendersi conto di cosa vuol dire ascoltare qualcosa senza la pregressa conoscenza di chi parla. Apprendere a comunicare efficacemente aiuta a ‘sentire chi parla’ e ‘ascoltare chi ascolta’.
Social, Covid-19 e DAD: l’impatto sulle nuove generazioni è enorme dal punto di vista comunicativo, un cambiamento quasi antropologico: cosa crede sia necessario fare, se mediare o mutare in un nuovo registro dialettico?
Proprio i grandi cambiamenti del periodo in cui viviamo rendono urgente superare quell’atteggiamento ‘adultocentrico’ ancora spesse volte dominante, ovvero ritenere che siano i giovani a doversi adattare ai grandi e non viceversa. Piuttosto, la persona davvero adulta e matura non teme di chinarsi e mettersi all’altezza del ragazzo. Non per ‘scimmiottarlo’, facendo gli ‘pseudo giovanilisti’, ma per rispettarlo e fargli posto.
Il minore non è un ‘adulto in piccolo’. Nello sport, accade ancora spesso che i piccoli atleti siano considerati come degli ‘atleti in miniatura’. Oggi, per la mentalità sportiva dominante quanto prima il minore diventa ‘sportivamente adulto’ meglio è, più bravo è! Da qui nascono, ad esempio, i fenomeni e le aberrazioni sportive della precocizzazione estrema della preparazione agonistica, che toglie gioia e divertimento nel praticare la passione sportiva.
Cosa manca davvero a questi bambini\ragazzi, che noi insegnanti possiamo dargli?
Oggi i minori, specie i preadolescenti, sono spesso vittime della ‘sindrome del non abbastanza’: non essere abbastanza ‘in’, non avere abbastanza denaro, non fare abbastanza bella figura, non avere abbastanza amici, non essere abbastanza brave ….
L’insegnante ha il compito di accompagnare il ragazzo/a non a negare ma a rileggere questo senso di inadeguatezza, perché da ‘ferite’ dell’animo e nel corpo diventino ‘feritoie’ del cambiamento verso la loro maturazione integrale. I tre temi chiave su cui bisogna con i ragazzi sono la bellezza, la morte e il denaro. Aiutiamoli a gestire il non sentirsi belli, a capire che non si può giocare con la morte, né uccidere né uccidersi, e infine mostrare che la vita ha bisogno del denaro, ma non si può comprare. In tutto questo lo sport può fare la differenza, se gli istruttori sono all’altezza.