Quella di Katerina Dyachenko è una storia che ha fatto il giro del mondo nelle ultime ore, ed è una storia che non avremmo voluto raccontare.
La sua, infatti, non è una testimonianza di pace e speranza. È una vicenda tragica, un risvolto macabro che è figlio di tutte le guerre.
Su tutti i social e su buona parte dei quotidiani nazionali e internazionali, tra ieri e oggi tutti abbiamo visto la foto di questa ragazzina bionda, slanciata e sorridente. Si tratta di lei, Katya. Aveva undici anni e si allenava duramente dopo la scuola per poter coronare il suo obiettivo: entrare nella nazionale Junior ucraina di Ginnastica Ritmica.
Le sue foto che circolano nel web sembrano appartenere a una realtà parallela, lontana da quella che sta vivendo l’Ucraina in questi giorni. Risalgono allo scorso dicembre e ritraggono Katya vestita con un unitard blu e nero. La ragazza in mano ha una coppa, al collo una medaglia e a fianco ha la sua allenatrice, Anastasia Meshchanenkova. È stata proprio quest’ultima ad annunciare sui social, ieri, che il sogno di Katya è stato spento dall’ennesimo bombardamento russo su Mariupol. Quella in foto è l’ultima medaglia di Katya, il suo destino, invece è quello comune a bambine, ragazzi, donne, uomini, anziani ucraini che a un mese esatto dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina continuano a morire negli incessanti attacchi sferrati dai russi alla popolazione civile.
La campionessa ucraina Anna Ritzadinova, che sin dall’inizio della guerra ha usato ogni mezzo in suo possesso per farsi testimone di ciò che sta subendo la sua patria, su Instagram, sotto al video di Katya, scrive: «Ho il cuore in gola guardando queste immagini. L’angelo Katyusha non è più con noi, Quanti altri bambini e bambine dovranno cadere prima che questa follia finisca?»
E anche le parole usate dall’ufficiale di gara ucraina Lidia Vynogradna sono importanti, danno un senso al perché questa notizia così tragica e dolorosa debba essere condivisa. «Vorrei far vedere a tutti gli atleti e le atlete russe questa foto per fargli capire la realtà delle cose. Loro non possono gareggiare, ma Katya non può più vivere.»
Nell’articolo non sono state inserite volutamente foto di Katerina. In segno di rispetto per lei, per la sua famiglia e per tutte le persone che ne hanno condiviso le sorti in questo mese di guerra.