A differenza della Ginnastica Artistica (parte integrante del programma di gare fin dalla prima edizione dei Giochi Olimpici dell’era moderna), la Ginnastica Ritmica fa parte del programma di gara solo dalla seconda metà del secolo scorso.
Dalle prime edizioni di Los Angeles 1984 e Atlanta 1996 (rispettivamente anno del debutto per le individualiste e delle squadre), l’Italia ha preso parte a quasi tutte le edizioni delle Olimpiadi: ad eccezione di Pechino 2008 (l’edizione che rimarrà alla storia per il tanto discusso quarto posto di squadra) si è sempre presentata con dei nomi di pregio anche nella competizione individuale.
Nel corso degli anni sono state molte le ginnaste che hanno avuto il privilegio di indossare la maglia azzurra all’Olimpiade; a poche ore dall’appuntamento olimpico per i piccoli attrezzi, GINNASTICANDO.it ha voluto ripercorrere alcuni momenti determinanti per la disciplina in Italia, con un confronto in esclusiva con due ginnaste simbolo della Ritmica italiana. Protagoniste della nostra chiacchierata sono Giulia Staccioli (Los Angeles 1984 e Seul 1988) e Susanna Marchesi (Sydney 2000).
Raccontateci la vostra Olimpiade.
Giulia Staccioli: la mia prima Olimpiade è stata quella della Ginnastica Ritmica. Io e Cristina Cimino non sapevamo cosa fossero le Olimpiadi, poi quando abbiamo iniziato la nostra carriera agonistica ce le siamo trovate lì. Eravamo ai vertici della carriera nazionale al momento in cui c’è stata questa grandissima opportunità ed è stato fantastico… poi eravamo a Los Angeles e ci sembrava di essere a Disneyland. Diciamo che erano altri tempi, decisamente molto poco organizzati per preparare un’Olimpiade, inoltre eravamo entrambe nell’anno della maturità con collegiali fatti non allo stesso livello di oggi. Però diciamo che è stata fantastica, perché comunque l’Olimpiade è l’ambizione di ogni sportivo e, nonostante la defezione dei paesi dell’Est è stata una gara che ci ha aperto numerose possibilità. A Los Angeles ottenni un settimo posto che non mi aveva soddisfatta del tutto ma che comunque è stato molto importante in quanto è stato ciò che mi ha portata a decidere di continuare un altro quadriennio per poi arrivare fino a Seul.
Seul è tutta un’altra storia: in quell’Olimpiade ci fu un errore molto grave in una gara portata a termine al 99% benissimo, con cui mi sono giocata quattro anni di preparazione con un errore al cerchio. Quindi, la mia Olimpiade è un ricordo ma anche un rammarico… ma sicuramente è la memoria del più grande e importante traguardo sportivo che potessi immaginare.
Susanna Marchesi: dopo essere stata riserva ad Atlanta 1996, mi sono trasferita nel Centro Tecnico Permanente di Follonica, dove eravamo sei individualiste in preparazione per il quadriennio olimpico di Sydney 2000.
I miei obiettivi non erano focalizzati alle Olimpiadi di Sydney, ero ancora molto giovane e in quattro anni di eventi ne potevano succedere ancora tanti: avevo obiettivi a breve termine come Coppe del Mondo, Campionati Europei e Mondiali. Nell’arco del quadriennio ben tre individualiste del mio gruppo sono andate in squadra, e così siamo rimaste io e Laura Zacchilli a rincorrere il sogno olimpico da individualiste.
La qualificazione ad Osaka fu la gara più importante di quel periodo: disputai una gara impeccabile classificandomi al sesto posto, un risultato mai raggiunto per l’Italia che mi permise di staccare il pass per Sydney come unica individualista italiana.
Furono molte le rinunce e i sacrifici e la preparazione fu durissima e stressante dal punto di vista psicologico, in quanto avevo il terrore di infortunarmi poco prima del grande sogno.
Poi arrivò finalmente il giorno della partenza: ero pronta, carica, emozionata e piena di ambizioni, ma allo stesso tempo ero stanca e stressata da una preparazione snervante. Avevo perso molto peso per stare al passo con le russe, del resto oltre a Manola Rosi (la mia allenatrice societaria purtroppo scomparsa) ero allenata dalla grande Olga Bujianova, che pretese da me tantissimo.
Una volta a Sydney, la gioia mi invase il cuore: i 5 cerchi erano dappertutto, il villaggio olimpico era meraviglioso e in quell’occasione avemmo la fortuna di partecipare alla Cerimonia d’Apertura, semplicemente maestosa. Ricordo che lo stadio era gremito e le esibizioni fantastiche, e che il cuore mi balzò in gola quando entrammo nello stadio tra gli applausi e le grida dei tifosi… tutti eravamo commossi e questa fu un’esperienza indimenticabile.
La gara andò molto bene, ricordo che prima di entrare in pedana mi misi a piangere: ero talmente tesa che non riuscivo a scaricare tutta quella tensione, l’attesa fu snervante ma una volta dentro la pedana passò tutto e centrai la finale a dieci con il settimo posto!
Dopo la competizione ci fu grande gioia: tutta la delegazione mi fece festa, con Olga, Emanuela Maccarani e tutte le mie compagne… fu un bellissimo momento.
Qual è la vostra opinione sull’Italia di questo quadriennio prolungato?
GS: credo che la scelta di Alexandra Agiurgiuculese e Milena Baldassarri sia una scelta corretta: penso che la maturità in ambito olimpico paghi. Entrambe le trovo due ginnaste dal grande carattere, con grande esperienza e spero che possano fare molto bene.
Per quanto riguarda la Squadra, invece, adoro il lavoro della Direttrice Tecnica Emanuela Maccarani, il lavoro coreografico della Squadra Italiana è sempre di altissimo livello, le ginnaste sono molto forti e intense con degli esercizi che lasciano a bocca aperta: sono una grande fan, ma non sono così a conoscenza dei regolamenti da poter fare delle valutazioni di altro genere se non della bellezza e del gusto nel vedere i loro esercizi da spettatrice.
SM: l’opinione sulla scuola italiana è sempre stata di profonda stima, soprattutto nel lavoro di squadra creato e cresciuto con impegno e determinazione da Emanuela Maccarani. Ero più scettica invece sul lavoro delle individualiste, non avrei mai pensato che anche loro avessero raggiunto dei livelli così alti: provo una profonda stima per le ginnaste che sono partite per Tokyo, un anno in più di lavoro sarà stato pesantissimo, non so se avrei “retto” così tanto tempo in più. Non è stato un anno in più di preparazione come tanti avranno pensato, bensì un anno in più di sacrifici, perché le ginnaste erano già pronte per la gara un anno fa.
Alcuni giorni fa la Federazione Internazionale ha pubblicato il nuovo Codice dei Punteggi 2022-24. Quali sono le caratteristiche del vostro Codice ideale?
GS: quello che io vorrei vedere nella Ritmica di oggi è davvero la valorizzazione della personalità della ginnasta, quindi avere un codice dei punteggi che permetta realmente alle ginnaste di poter essere particolare, di poter valorizzare la loro parte interpretativa ed espressiva perché la mia vita adesso è nella danza e nel teatro. Quello che ho sempre amato anche quando ero nella Ritmica era questa personalizzazione, e quindi vorrei che queste caratteristiche venissero più valorizzate.
Mi piacerebbe vedere meno lustrini e paillettes e più contenuti dal punto di vista artistico, però sono fuori dalla Ritmica da ormai più di vent’anni: adesso la guardo solo come fan, non conosco il codice dei punteggi attuale, non sono così dentro da poter esprimere un’opinione.
SM: c’è una grande attesa per il nuovo codice dei punteggi: il mio codice ideale? Adoro le maestrie d’attrezzo, mentre trovo esasperato invece il lavoro di corpo. Preferirei più “pulizia”, eleganza ed espressione corporea che contorsioni da circo che tra l’altro possono essere pericolose a lungo andare per la salute fisica delle atlete.
Adoro le composizioni dipinte sulle note musicali, mi mancano gli esercizi di Maria Petrova e Olena Vitrichenko…
Tra poche ore l’Italia inizierà la sua avventura olimpica. Da ex-olimpiche, cosa volete dire alle ragazze che rappresenteranno il nostro paese a Tokyo?
GS: alle ragazze vorrei dire di godersela con la massima partecipazione possibile. Sicuramente ci sarà tantissima tensione, però sono dei momenti irripetibili che credo che si debba davvero riuscire a essere il più lucide possibile al fine di rendersi conto di che cosa si sta vivendo, senza farsi schiacciare dall’ansia da prestazione. L’esempio di questi giorni di Simone Biles ci fa dimostrare che siamo umani e che dobbiamo accettare anche le nostre fragilità.
Io sono sempre stata una ginnasta estremamente emotiva, per cui non sono mai riuscita a godermi fino in fondo quello che stavo vivendo e quindi, auguro alle ginnaste di poterlo fare!
SM: alle ginnaste che rappresenteranno l’Italia a Tokyo vorrei dire semplicemente di vivere il loro sogno con serenità, anche se so che saranno molto tese e spesso la paura di non far bene può “sciupare” qualche momento, fa parte del gioco… in bocca al lupo, ragazze!