Le segnalazioni di abusi e molestie provenienti dal mondo della Ginnastica negli ultimi anni hanno dimostrano che il problema della violenza sulle donne e sui minori è radicato e presente nello sport come nella società. Il crescente numero di denunce, però, denota la volontà di estirpare questa cultura dell’abuso e di procedere verso un cammino egualitario, fatto di parità e rispetto.
Essendo da anni portavoce di uno sport che sta attraversando in pieno questa ondata di cambiamento, GINNASTICANDO.it ha deciso di promuovere e divulgare l’iniziativa globale del Signal for Help, il segnale di aiuto in caso di violenza domestica.

“STAY HOME, STAY SAFE”, DOVE TUTTO HA AVUTO INIZIO– L’incedere della pandemia mondiale di Covid-19 ha costretto molte nazioni ad abbracciare la politica dello “stay home, stay safe”. Ma se da una parte restare a casa ha rallentato sensibilmente il diffondersi della pandemia, dall’altra ha risvegliato un nemico silenzioso, che si nasconde nell’insospettabile intimità di molte case e le trasforma in vere e proprie prigioni: la violenza domestica.

COS’È LA VIOLENZA DOMESTICA– Si può definire violenza domestica ogni tipo di abuso emotivo, violenza sessuale, aggressione fisica o minaccia, umiliazione psicologica, controllo coercitivo volto a limitare la volontà di un’altra persona.
La dottoressa Judith Lewis Herman – professoressa alla Medical School dell’Università di Harvard e una delle maggiori esperte in fatto di traumi legati agli abusi – in un articolo pubblicato nel 1992 riguardo alla violenza domestica scrive questo: “In situazioni di convivenza forzata, il responsabile degli abusi diventa la persona più potente nella vita della vittima. […] I modi per controllare la vita di un altro essere umano in queste situazioni sono innumerevoli […] ma si basano tutti sulla sistematica e ripetitiva inflizione di traumi. Il responsabile degli abusi usa metodi che hanno lo scopo di terrorizzare l’altra persona, di farla sentire impotente, insicura rispetto agli altri, di far in modo che essa sviluppi un attaccamento patologico nei suoi confronti, […] perché lo scopo è quello di distruggere l’autonomia della vittima. […] Per farlo non solo il responsabile impedisce ogni tipo di comunicazione con le altre persone, ma tenta anche di indebolire il legame che la vittima ha con esse, […] perché finché questi legami esistono, il potere del responsabile degli abusi è limitato.”
Dunque l’impossibilità di recarsi sul luogo di lavoro e di interagire faccia a faccia con colleghi, familiari e amici è stata terreno fertile per la nascita di situazioni simili a quelle descritte dalla dottoressa Lewis Herman.
Nel 2020, infatti, a partire dalle settimane iniziali della prima ondata di pandemia, le segnalazioni di abusi avvenuti tra le mura domestiche hanno avuto un incremento a dir poco allarmante, non solo in Italia ma a livello globale. Le statistiche raccolte da enti benefici specializzati come l’AVA (Against Violence and Abuse) – che si occupa, tra le altre cose, di divulgare le testimonianze delle vittime degli abusi – hanno evidenziato che la violenza domestica colpisce in modo sproporzionato le donne e i minori di sedici anni, e per questo, ad oggi, viene considerata una forma di violenza di genere.
Il fenomeno è diventato tanto preoccupante da rendere necessari interventi immediati e significativi da parte di enti governativi e associazioni che si occupano nello specifico di questi temi.
Mentre in Italia il Dipartimento per le Pari Opportunità metteva a disposizione il numero verde 1522 per le violenze domestiche (numero gratuito tutt’ora attivo sia attraverso le telefonate, che via chat), a livello globale un’associazione canadese, la Canadian Women’s Foundation, e la statunitense Women’s Funding Network hanno ideato un gesto d’aiuto universale divenuto virale con l’hashtag #SignalForHelp.

SIGNAL FOR HELP- Lo scopo dell’iniziativa è stato sin da subito quello di far diventare il segnale d’aiuto universalmente riconoscibile. Così, circa un anno dopo la sua creazione, il Signal for Help è arrivato anche in Italia.
La nascita di questo gesto deriva dal bisogno di mandare un messaggio chiaro, silenzioso e discreto, semplice da riprodurre ma non riconoscibile, che non abbia bisogno di parole, e che possa passare inosservato in ogni situazione. È un segnale d’aiuto che può essere rivolto a un corriere, in cassa al supermercato, in coda in farmacia, a un vicino di casa, durante una qualsiasi videochiamata, in un post sui social.
COME AGIRE- Non è importante solo saper riconoscere questo gesto, ma anche saper agire nel modo corretto quando qualcuno lo usa per chiedere aiuto. Se è una persona conosciuta sarebbe auspicabile segnalare la sua richiesta d’aiuto ai centri antiviolenza della propria città, i quali sapranno adottare tutte le precauzioni del caso per mettersi in contatto con la vittima. Se si tratta di una persona sconosciuta, invece, bisogna aspettare che chi ha rivolto il gesto si avvicini e chieda ciò di cui ha bisogno. Va richiamata l’attenzione delle forze dell’ordine solo su espressa richiesta della persona che esibisce il gesto.
Il Signal for Help è un gesto vale più di molte parole: il pollice intrappolato in una gabbia formata dalle altre dita della stessa mano. Simboleggia una persona imprigionata in uno degli ambienti più sicuri che esistano: la propria casa.
Queste dinamiche tossiche nella maggior parte dei casi si instaurano nelle relazioni di coppia o tra membri dello stesso nucleo familiare, tuttavia non sempre restano circoscritte solo all’interno delle mura di casa.

LA VIOLENZA NELLO SPORT– Ogni giorno in Italia e nel mondo atleti e atlete di interesse nazionale si recano nei centri d’allenamento e vi trascorrono ore, ore che portano via gran parte del tempo nelle loro giornate. Ciò significa che per centinaia, migliaia di sportivi e sportive le palestre e i luoghi di allenamento sono ambienti familiari quanto le loro stesse case. Sono luoghi in cui atleti e atlete dovrebbero essere protetti, privilegiati, al sicuro, ma non sempre è così.
Tre anni e mezzo fa il “caso Nassar” ha scosso le fondamenta di UsaGym e del mondo della ginnastica in generale, e ha dimostrato che questi meccanismi agghiaccianti purtroppo esistono anche nello sport.
La Ginnastica in particolare è una disciplina più vulnerabile di molte altre a questo tipo di azioni per innumerevoli motivi. Gli agonisti e le agoniste della Ginnastica hanno un’età media molto più bassa rispetto a quella degli altri sport; inoltre i ginnasti e le ginnaste hanno bisogno di allenarsi molte ore in palestra, per cui i tempi di allenamento sono spesso superiori a quelle di altre discipline; infine il rapporto che si crea tra atleta e allenatore è quasi simbiotico, di totale fiducia, tanto che molte ginnaste e ginnasti lo descrivono quasi come genitoriale.
Va specificato che come la violenza domestica non esiste in tutte le case, così anche gli abusi e le violenze nel mondo della ginnastica non sono presenti in tutte le palestre, ma è pur vero che purtroppo esistono.

LE TESTIMONIANZE DEGLI ABUSI– Lo dimostrano le testimonianze delle vittime di Nassar, abusate sessualmente e psicologicamente da un medico che avrebbe dovuto curarle; di Laurie Hernandez, Riley McCusker e altre atlete, abusate psicologicamente ed emotivamente dalla loro allenatrice Maggie Haney; delle vittime dell’ambiente tossico creato dalla British Gym, dove diverse ginnaste ed ex-ginnaste hanno confessato che le umiliazioni per l’aspetto fisico si sono evolute in veri e propri disturbi alimentari; dalle accuse di diverse ginnaste ed ex-ginnaste olandesi che hanno denunciato abusi fisici da parte di allenatori della nazionale, e tante, tante altre testimonianze provenienti da ogni parte del mondo.
Grazie alla collaborazione di Marta Pagnini, Lara Mori, Marco Lodadio e Michela Castoldi, GINNASTICANDO.it ha scelto di unire simbolicamente un esponente delle maggiori discipline della Ginnastica per divulgare e promuovere questo importante gesto d’aiuto, divenuto ormai un messaggio universale contro la violenza domestica e contro la violenza di genere.
METTITI IN GIOCO – L’invito che rivolge a voi lettori la redazione è quello di promuovere il Signal For Help sui social, condividendo l’articolo e mettendovi in gioco in prima persona!
Basterà scattare le foto (come hanno fatto Marta, Lara, Marco e Michela) o anche girare un breve video in cui si mostra il Signal For Help, pubblicarlo su Instagram taggando l’account di GINNASTICANDO.it e inserendo l’hashtag #SignalForHelp. Noi riposteremo nelle nostre stories chi deciderà di aderire all’iniziativa (ricordiamo a chiunque decida di aderire che la proposta è riservata a maggiorenni o a minorenni che hanno ottenuto il consenso da parte dei genitori o dei tutori legali).
In alternativa potrai scegliere di inviarle privatamente a uno dei nostri canali social, o all’indirizzo email: redazione@ginnasticando.it, insieme al tuo nome, alla tua città e all’età (l’iniziativa è riservata solo a chi ha compiuto 18 anni di età). Inseriremo la tua foto in una gallery apposita che potrai trovare in questo articolo.